I racconti dell’Huntington – Voci per non perdersi nel bosco I racconti dell’Huntington – Voci per non perdersi nel bosco
di Maria Luppi - Gianni Del Rio - Claudio Mustacchi
edito da FrancoAngeli

PRESENTAZIONE

In questo libro prendono parola i malati di Huntington e chi è loro vicino: familiari, amici, professionisti della cura. I temi di queste pagine riguardano però tutti.
Tutti noi, con o senza Huntington, nutriamo infatti relazioni affettive che ci gratificano o ci fanno soffrire, affrontiamo scelte vitali, ci confrontiamo con il desiderio di mettere al mondo figli. Può capitare a tutti di fare i conti con malattie e disabilità anche gravi, di vivere il lutto per la morte di persone care, di confrontarsi personalmente con un corpo che non ha più la forza di un tempo; a tutti succederà di morire.
L’Huntington è una malattia rara, neurodegenerativa, ereditaria, caratterizzata da disturbi del movimento, alterazioni anche gravi del comportamento e progressivo deterioramento cognitivo. L’esordio, di solito in età adulta, porta alla morte dopo 15-20 anni. La probabilità di ogni figlio di ereditare la malattia è del 50% e spesso nella stessa famiglia convivono più malati. Ad oggi vi sono solo farmaci sintomatici, non in grado di prevenire, rallentare o bloccare la malattia.
I racconti di donne e uomini a confronto con una malattia che pone enormi sfide alla loro vita, rivelano il valore della ‘pietas’. Non del ‘pietismo’ ma delle virtù civili del rispetto e del riconoscimento dei diritti, fondati sull’affermazione dell’altro per quello che è, con la sua storia, affinché il suo destino non risulti indifferente. Questo è infatti il senso della parola ‘pietas’: il modo in cui l’altro per noi è più o meno importante e significativo e il modo in cui noi sentiamo di esserlo per l’altro.
Dare voce a questi racconti e a questo sentimento è la ragione del libro, che si rivolge a chiunque abbia una sensibilità per questi temi, ai malati e alle famiglie, agli operatori e specialisti del Welfare, al mondo universitario e ai ricercatori, a politici e amministratori.

Il lavoro dell'assistente sociale emerge - nel bene e nel male - da molte testimonianze di malati e di familiari alle prese con la malattia di Huntington e viene ripreso e tematizzato dai curatori nel più ampio contesto del sistema assistenziale e di cura.


GLI AUTORI

Maria Luppi, sociologa e assistente sociale, svolge attività di formazione e ricerca presso il Corso di Laurea in Servizio Sociale, Milano-Bicocca. È socia di Huntington-Onlus.

Gianni Del Rio, psicologo psicoterapeuta, insegna nel Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Milano-Bicocca e nel Corso di Specializzazione in Psicoterapia Transculturale, GRT-Istituto Transculturale per la Salute. Si occupa di gruppi e organizzazioni nel lavoro d’aiuto. È volontario di Huntington-Onlus.

Claudio Mustacchi, filosofo e pedagogista, è docente-ricercatore presso la SUPSI, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana e supervisore di équipe nei servizi sociopsichiatrici. È presidente di Huntington-Onlus.


Il cacciatore di orchi Il cacciatore di orchi
di Rosella Quattrocchi
edito da Il Ciliegio


Sinossi

Chiara è un’assistente sociale che si occupa di famiglie con figli minori. Incontrare persone, ascoltarne le storie, toccarne le sofferenze e la solitudine sono gli ingredienti di ciascuna giornata della sua vita, che dedica con passione al lavoro.
Matteo è un bambino che sta diventando ragazzo. Sta per iniziare la scuola media e vive questo cambiamento con preoccupazione perché è schiacciato da un segreto che non può e non riesce a raccontare a nessuno e dal quale si difende rifugiandosi nella “certezza” della routine. Nemmeno sua madre può diventare la sua confidente perché è una donna segnata dal dolore dell’abbandono e della solitudine e a Matteo sembra che le cose spiacevoli non arrivino alle sue orecchie, ma si fermino prima.
Il piccolo, quindi, stringe gli occhi sperando che il suo incubo si dissolva e sognando di diventare un poliziotto per avere la pistola e vincere “l’orco”.
Le vite di Chiara e Matteo scorrono parallele, fino a quando il bambino non riuscirà più a nascondere il suo segreto e ad aspettare di diventare un “cacciatore di orchi” per ottenere la giustizia che merita.
Il “cacciatore di orchi”, piuttosto, lo incontrerà: metterà la mano nella sua e cammineranno insieme lungo la strada che porterà Matteo a essere libero. A essere un bambino.

Presentazione e caratteristiche

Il cacciatore di orchi è, al contempo, una storia forte e delicata.
Quella che affronta, infatti, è una tematica terribile e scomoda: si tratta della pedofilia. Il modo in cui lo fa, però, è riguardoso, privo di morbosità e intriso di rispetto per ciò che incarna il protagonista Matteo: l’infanzia.

Il romanzo è strutturato in 37 capitoli più un Epilogo.
Alterna due voci, quella di Chiara e quella di Matteo, a cui corrispondono due punti di vista su un’unica vicenda che, quindi, si presenta al lettore in tutta la sua complessità.
Da una parte, chi legge guarda agli avvenimenti con gli occhi dell’esperta assistente sociale: lo sguardo, dunque, è quello di un adulto; e in particolare di un adulto lucidamente consapevole delle dinamiche in atto, sebbene non emotivamente assuefatta a esse.
Dall’altra, il lettore vive le agghiaccianti circostanze mediante il filtro dell’animo deturpato di un bambino costretto a subire degli abusi che lo fanno sentire sporco e sbagliato. Lo sguardo, in questo caso, è quello della vittima, con tutte le deformazioni che comporta il fatto che si tratti di un bambino, innocente per definizione.

Semplificando drasticamente, si potrebbe dire che i capitoli condotti da Chiara rappresentano la parte “narrativa” del romanzo, quelli che accompagnano il lettore nella scoperta degli avvenimenti. E si caratterizzano per un elemento misterioso – l’aggressione subita dalla donna a principio del testo – che fungerà da filo conduttore in un percorso che sfiora più argomenti (i rapporti interfamiliari, la crescita, la responsabilità) e che diventa occasione per narrare tante altre microstorie, unite tra loro dal coinvolgimento di Chiara: la vicenda di Bilel, quella di Marmitta, quelle personali della stessa Chiara.
I capitoli di Matteo, invece, rappresentano la parte “emotiva”, quella che fa sgorgare lo stato d’animo del bambino con naturalezza e con parole che sono consone a un bambino, appunto, suscitando proprio per questo sentimenti contrastanti di rabbia e di tenerezza.
Si tratta però, come accennato, di una mera semplificazione perché il punto forte di questo romanzo – che verte sul coinvolgimento di animi più che sui fatti in sé e per sé – sta proprio nella sua capacità di mescolare sapientemente forme emotive diverse portate avanti in parallelo con estremo equilibrio e con una spiccata sensibilità.
Caratteristiche, queste, che danno vita a uno stile diretto perché in grado di chiamare le cose con il proprio nome senza tuttavia farsi risucchiare da dettagli ossessivi, e “lento” perché il periodare dell’autrice sa su cosa indugiare.

Si tratta di una storia narrata con cognizione di causa – l’autrice è un’assistente sociale – che ha anche il merito di sdoganare un diffuso pregiudizio: quello secondo cui i professionisti inseriti nelle strutture pubbliche preposte a un certo tipo di servizi siano per lo più risucchiati dagli oneri burocratici che il loro lavoro comporta e che per questo perdono “spessore umano”.
È un messaggio foriero di una positività e di una fiducia nel genere umano e nelle strutture sociali di cui esso si è dotato delle quali spesso nella quotidianità si percepisce l’assenza. E, tuttavia, il romanzo non le banalizza, come dimostra l’epilogo non risolutivo: la conclusione aperta lascia più spunti riflessivi e permette di vedere il mondo secondo il proprio personale sentire. Perché in fondo la realtà è anche questa e non si traduce sempre in un trionfo della giustizia, ma nemmeno necessariamente nel suo contrario.


L’autrice

Rosella Quattrocchi, modenese, ha 46 anni ed è un’assistente sociale. Il desiderio e l’urgenza di raccontare questa figura professionale – cosa fa, le storie che incontra, le sensazioni che prova, le motivazioni che la spingono ogni giorno a entrare nelle vite degli altri, nel loro dolore, nei loro riscatti e nelle loro rinascite – l’hanno spinta a scrivere il soggetto di una serie tv di cui la casa di produzione “Ciao Ragazzi” di Claudia Mori ha apprezzato l’idea e firmato un’opzione sulla prima puntata scritta dall’autrice. Rosella Quattrocchi, gli ha dato seguito in Il cacciatore di orchi, suo primo romanzo.